La sfida per il ventunesimo secolo è la realizzazione di una società che accolga una popolazione che invecchia come parte integrante del proprio futuro, e che includa le persone anziane in quanto partner essenziali di una società futura per tutte le età.
Per arginare la cultura dell’indifferenza, l’individualismo esasperato, la competitività e l’utilitarismo dilaganti e scongiurare ogni secessione tra le generazioni, è necessario fare maturare una nuova mentalità, un nuovo modo di essere, una nuova cultura, che perseguano il benessere e la giustizia sociale.
Al di là delle categorie classificatorie bisogna guardare all’individuo concreto, alla persona che costruisce la sua vita con le sue scelte. Qualunque sia la sua età, la sua razza, il suo sesso, il suo credo, l’individuo deve essere lasciato libero di adempiere al compito cui è adatto, di manifestare il proprio talento, di sviluppare il proprio potenziale formativo. Se l’età gli ha insegnato qualcosa, la sua esperienza, il suo insegnamento e il suo consiglio potranno riuscire preziosi. Ma se per l’età si affaccia appena alla vita, dovrà egli stesso fare, dell’esperienza dei più anziani, il conto che meglio si adatta alle sue esigenze e ai suoi interessi.
L’esperienza non è un porto sicuro dove si possa restare; è solo una bussola che può impedire lo smarrimento e guidare, in una certa direzione, quell’incessante ricerca che è la vita.
La caduta dei pregiudizi che relegano la vecchiaia nel limbo dell’incomprensione e della solitudine, può avvenire educando, da una parte gli adolescenti alla valorizzazione della condizione senile e al riconoscimento del potenziale formativo degli anziani; dall’altra formando gli anziani a vivere un’attività socio-relazionale ed intellettuale intensa, che possa essere mezzo di ampliamento delle proprie conoscenze e di espressione dei propri talenti, ma anche fine attraverso il quale conseguire un vero arricchimento esistenziale.
Una cultura pedagogica attenta alle esigenze, alle richieste e alle aspettative della società risulta fondamentale per chiarire, orientare, strutturare metodi più funzionali, suggerire norme civili di condotta, mettere a punto modelli educativi e formativi che siano fattori di sviluppo individuale e sociale, in grado di orientare l’agire in maniera responsabile e consapevole, di risignificare in modo critico e dialettico i fatti della vita.
L’anziano ha il diritto di rimettersi sempre in marcia, di ricominciare da capo, di ricercare le risorse per adattarsi, il meglio possibile, al mutare degli eventi e per costruire nuovi elementi nella sua vita. Solo una personalità in grado di ristrutturare continuamente il campo delle proprie esperienze cognitivo-emotive e disponibile al decentramento dall’io, in funzione della comunicazione con l’altro, si salvaguarda da forme di chiusura di pensiero, di comportamento e di linguaggio, messe in atto come barriera ai cambiamenti.
Conservando, mediante lo scambio intergenerazionale, un atteggiamento critico perennemente volto al nuovo, generativo di relazione, disposto al rischio della revisione e della riprogettazione, gli anziani saranno in grado di fronteggiare con più serenità i cambiamenti della vita; attraverso il racconto della proprie memorie, potranno conferire chiavi di lettura e codici ermeneutici alla storia umana; potranno mettere a frutto il proprio potenziale formativo insegnando ai giovani ad attribuire ad ogni fase della vita un valore fondamentale, in quanto parte del mosaico totale dell’esistenza.