Ma chi è la Badante ?

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La badante entra nel 2002 tra le parole nuove dell’Accademia della Crusca, che indaga sulla sua origine: “una volta era usato per chi accudiva gli animali: le greggi, le oche o bisognosi di lavoro continuativo come le vacche, i vitelli. Adesso il termine badante è entrato in un testo di legge e si riferisce inequivocabilmente a colei (o colui più raramente) che bada alla persona”.

Decreti flussi e sanatorie per ‘colf e badanti’ sembrano avere definitivamente consacrato la parola. La regolarizzazione del 2009 riservata esclusivamente a questa tipologia di lavoro ha ricevuto 300mila richieste di emersione. Oggi badante è la parola più usata “per indicare persone, nella maggior parte dei casi immigrate, che si occupano di anziani o disabili soprattutto presso privati”. Comunemente la si immagina donna, giovane o di mezza età, proveniente dai paesi dell’Europa dell’Est, con scarsa conoscenza della lingua italiana all’arrivo. La parola trae in inganno perchè ormai è ammantata di ufficialità e sembra neutrale. Ma per ricredersi basta dare uno sguardo più attento all’etimologia e all’uso che se ne fa.

Deriva dal verbo ‘badare’ che nel tardo latino significava ‘aprir bocca’, ‘guardare con stupore’ e quindi avere cura di qualcuno”. Per il critico del Corriere della Sera “non c’è badante senza badato”. Affermazione che riprende quanto già pubblicato sulla stessa testata dieci anni prima. “La nuova parola non piace, anche se è linguisticamente corretta- scriveva infatti il linguista Giorgio De Rienzo nella rubrica ‘Scioglilingua’- Perché non piace? Affidare a un badante una persona cara, porta con sé un che di abbandono, significa delegare un compito di assistenza, senza il giusto affetto o la dovuta ‘pietas’: quasi che il badato dal badante venga un po’ degradato della sua umanità”.

Nel contratto nazionale di lavoro questa parola è sparita dal 2007. “Badanti addio. Arriva l’assistente familiare o l’addetta alla cura della persona”. Ma il termine COLF BADANTE ricompare di li a qualche anno..

Come fu in passato per serva, oggi molti osservatori ravvisano in badante qualcosa di ‘brutto’ e ‘poco rispettoso’ soprattutto nei confronti delle donne immigrate che svolgono questo mestiere. Si tratta di un dibattito ancora aperto. Il sociologo Enrico Pugliese mostra una posizione ambivalente: da un lato vede “un’implicita connotazione denigratoria, perché riduce le qualificate funzioni di assistenza al ruolo di pura presenza o, tutt’al più, di controllo. D’altro canto però è interessante come questo nuovo termine sottolinei che non si tratta solo di personale destinato all’attività di collaborazione domestico-familiare.

Le assistenti domiciliari svolgono un lavoro insostituibile con anziani e disabili. Un contributo prezioso, al chiuso delle mura domestiche, dove si subiscono spesso sfruttamento e abusi, con un mercato nero che copre oltre la metà del fenomeno. Secondo i dati dell’Inps, ci sono tra le 850 e le 900mila badanti con contratto in Italia (fonte Inps 2010), ma le stime del Censis parlano di almeno 1 milione 538mila lavoratori e lavoratrici domestici. 2 milioni 412 milafamiglie ricorrono ai servizi di colf e badanti (Italia – stima Censis, 2010). L’assistente familiare toglie ansie e preoccupazioni alle famiglie, i cui membri sono più liberi di lavorare e andare in vacanza, senza il vincolo della cura dell’ammalato. Al contrario, questa occupazione presenta grossi problemi proprio per le donne straniere che la svolgono. Le criticità sono  legate alla mancanza di un contratto, all’orario di  lavoro spesso non ben quantificato e molto lungo, alle mansioni svolte, all’assenza di ferie e malattie e alla precarietà. In caso di morte dell’anziano o quando viene portato in una casa di riposo, la badante perde il lavoro e se questo momento coincide con la scadenza del permesso di soggiorno, la situazione diventa drammatica per la donna straniera.

Non ci sono dati ufficiali attendibili sul numero esatto delle badanti e delle assistenti familiari in Italia, a causa di un mercato nero che copre oltre la metà del fenomeno. Secondo i dati dell’Inps, sulla base di quanti sono iscritti alla previdenza, ci sono tra le 850 e le 900mila badanti in Italia con contratto (fonte Inps 2010), ma le stime del Censis parlano di almeno 1 milione 538mila lavoratori e lavoratrici domestici, cifra che comprende chi ha il contratto e chi lavora in nero. 2 milioni 412 milafamiglie ricorrono ai servizi di colf e badanti (Italia – stima Censis, 2010).

Se sui giornali l’immagine della badante è spesso criminalizzata, in realtà si tratta del lavoro che in genere riesce maggiormente ad abbattere la diffidenza verso gli stranieri. Il fenomeno è stato in espansione nell’ultimo decennio, grazie a tre fattori.

  1. L’aumento continuo della popolazione anziana: 12,3 milioni sono gli ultra 65enni presenti in Italia (Istat, 2011) di cui 16 mila ultracentenari. Gli ultra 65enni diventeranno 20 milioni nel 2065 secondo una proiezione Istat del 2011. Oltre 2 milioni di anziani non sono autosufficienti (Italia – Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, 2011). Ma ci sono solo 429.220 posti letto nei presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari in Italia al 31 dicembre 2009 (Istat, 2012)
  2. I costi elevati delle strutture residenziali per l’assistenza agli anziani, di cui le famiglie non riescono a sostenere i costi .
  3. Il desiderio dei familiari di tenere in casa, vicino a sé, la persona non più autosufficiente.

Da questo emerge che l’assistente familiare in realtà toglie ansie e preoccupazioni alle famiglie, i cui membri sono più liberi di lavorare e andare in vacanza, senza il vincolo della cura dell’ammalato. Al contrario, questa occupazione presenta grossi problemi proprio per le donne straniere che la svolgono. Le criticità sono  legate alla mancanza di un contratto, all’orario di  lavoro spesso non ben quantificato e molto lungo, alle mansioni svolte, all’assenza di ferie e malattie e alla precarietà. “In caso di morte dell’assistito o quando viene portato in una casa di riposo, la badante ha finito di lavorare […] Quando poi la perdita del lavoro coincide con il periodo di scadenza del permesso di soggiorno, la situazione diventa drammatica per la badante.